Dove
vai che nel vento arido corri
una
di quelle vie senza stagioni
dietro
i cui muri luminosi
un
passo che rintroni aizza i cani
e
sveglia l’eco? Visti dalla casa
da
cui ti guardo, dove il corpo vive,
movimento
e quietudine si sfanno.
T’invoco
per la notte
che
viene e per il sonno;
tu
che soffri, tu sola puoi soccorrermi
in
questo cieco transito dal tempo
al
tempo, in questo aspro viaggio
da
quel che sono a quello che sarò
vivendo
una vita nella vita,
dormendo
un sonno nel sonno.
Tu,
adorata, che soffri come me,
di
cui mi dà vertigine pensare
che
il tempo, questo freddo
tra
gli astri e sulle tempie e altro, contiene
la
nascita, la malattia, la morte,
la
presenza nel mio cielo e la perdita
(Mario Luzi - Primizie
del deserto, 1951)
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