Letizia
ha quasi la mia età. Già, ed io quanti anni ho? Diciamo che sono arrivata al
terzo stadio degli “anta”. Sono felicemente nonna, ma mi trovo spesso a
soffermarmi sulle avversità della vita: la salute traballante, qualche ruga di
troppo, così come la linea non più snella come un tempo. E mi lamento di come
vanno le cose, dell’insicurezza dei posti di lavoro, delle scarse aspettative
riguardo al futuro dei nostri ragazzi. Così capita che non riesca a sorridere
molto spesso, intristita e insoddisfatta.
Ma
stavo parlando di Letizia, non di me.
L’ho
incontrata proprio oggi. Mi saluta agitando le braccia, dall’altra parte del
marciapiede, mi corre incontro, dondolando un po’, con la sua zazzeretta corta,
e la prima cosa che mi chiede, sempre la stessa, è:
“Mi
vuoi bene?” Alla mia risposta affermativa, mi abbraccia quasi a stritolarmi, e
baciandomi entrambe le guance, mi dice:
“Ti voglio bene anch’io!”.
Poi aggiunge:
“Aspetta,
ti faccio vedere una cosa” e con aria misteriosa, toglie dalla borsetta un
oggetto e me lo mostra: si tratta di un telefonino. Gongolante, mi racconta che
glielo ha regalato suo fratello medico.
“Bello!”- Le rispondo, Allora mi mostra
anche il braccio sinistro, dove campeggia un orologio da polso, di colore rosso
e circondato da tanti brillantini.
“Stupendo!”
- Le dico e lei, felice, m’informa che glielo ha donato l’altro suo fratello,
quello che lavora in Cina. E lei, sprizzando felicità da tutti i pori, ribatte:
“Eh, si, sono la loro sorellina piccola”.
Letizia
è un nome che le calza a pennello, perché è sempre allegra, felice di vivere,
contenta anche se le regali un pupazzetto di peluche. Vi chiederete come mai
una persona di “anta” anni, fa salti di gioia se le regali un giocattolo. Non
lo avete ancora capito? Letizia è una donna che comincia ad avere qualche
capello bianco, ma è rimasta bambina. Il suo cervello ragiona come se il suo
orologio biologico si fosse fermato a dieci anni ma, al contrario degli
atteggiamenti che si riscontrano in una scolara, che comprendono capricci o
richieste a volte assurde, Letizia non chiede nulla, se non quella frase che
pronuncia quando incontra qualcuno che conosce.: “Mi vuoi bene?”. Come si fa a
non volerle bene, caspita! Ti avvolge di luce, ti riveste di gioia, ti fa
dimenticare ogni amarezza, proprio lei che non è stata baciata dal destino, che
non ha una vita che noi definiremmo normale. E allora ti chiedi: “Per quale
motivo mi devo lamentare, io che ho avuto la fortuna di nascere sana?”.
Letizia
è rimasta a casa, a far compagnia alla vecchia madre, poiché i fratelli sono
lontani, e con la sua costante allegria, cancella la tristezza della mamma,
addolorata per aver messo al mondo una figlia “diversa”.
Quanto
sia veramente diversa Letizia, c’è da chiederselo. Lavora presso un Onlus per
disabili, e svolge egregiamente la sua attività di assemblaggio penne, per poi
inserirle nelle rispettive scatole. Inoltre si occupa delle faccende di casa,
rendendosi utile come può. Ci si accorge che è “diversa”, per certe sue uscite
infantili, come quella di salutarmi dicendo: “Adesso devo scappare, perché sono
la segretaria del Parroco, e lui mi sta aspettando” Allora va da lui, lo
saluta, riceve qualche caramella come ringraziamento per la visita, e se ne
torna sui suoi passi, sicura che il Parroco è stato contento di quello che lei
ritiene essere il suo servizio di segretaria: il dono di un sorriso gratuito,
che è sempre un gran servizio,
molto gradito ad un sacerdote preoccupato per le nuove povertà cui deve
in qualche modo far fronte.
Non
bisogna prendersela con Dio, o con la sorte, se nascono persone così: sono un
dono. Ci fanno comprendere quanto sia fortunato chi è nato senza problemi, chi
ha avuto figli sani: pure io cancello ogni ubbia, e torno a sorridere alla vita.
Riprendo
a camminare verso casa, contagiata dal sorriso di Letizia, dalla sua disarmante
ingenuità, colma di amore ricevuto e donato.
Inedita
molto bello e interessante...
RispondiElimina(duemmepi)
Grazie Massimo! Detto da te, è un grande complimento!
RispondiEliminaDanila