Cara Danila,
ancora presente sul computer, ho
per caso ritrovato questo mio componimento decisamente provocatorio (“Lisifobia
- Audenesque”), alcuni anni fa pubblicato nel contesto della mia
silloge intitolata “Il vero, il
bello…l’anello che non tiene”.
Glielo sottopongo segnalandole in
particolare la nota che lo accompagnava (tratta
da un saggio di Alfonso Berardinelli, in cui – piuttosto giustamente, credo – ci
si sofferma a riflettere, almeno un poco, su alcuni orientamenti di poesia post-moderna
anche al di là di quegli steccati geo-culturali squisitamente ‘nostrani’ (o
tardo-crociani?) che spesso tuttora tendono, per inerzia, a condizionarci nel
gusto e nelle scelte.
L I S I F O B I A
(Audenesque)
(Un popoloso centro balneare,
intorno a mezzanotte, o giù di lì.)
Sballottata fra mille
passeggini
trainati in lungo e
in largo per le strade
da giovani tatuati,
inanellati,
leziosi mammelluti
neopapà,
alzava gli occhi al
cielo, e si stizziva:
“Si trova ancora in giro qualche… donna…
che senta in sé il
calore di una mamma?…
Che sti figlioli… un
poooco…li curasse!
con giudiziosa…
saaana e naturaaale…
fem-minil-mente
giusta… volontà!...
La vedi, invece, lei?... Se e quando c’è,
ha l’aria
d’unaaa…squillo! Sulla scena
neanche per scommessa muove un dito!
Sempre un bicchiere
dopo l’altro in mano…
e beeeve,
lei…tracanna! E quanto fuuuma!
Dei figli suoi? Lei ufff…lei… se ne impipa.
Inaudita, la trovo, sta rivalsa…
del matriarcato! E tu?... tu che ne pensi?
A te non sembra
tutta… unaaa…vergogna?...
Alleeegre, e alè! Se prima si chiedessero
chi sia quel… tizio… che le porta a
letto?...
L’errore di uno
sballo in discoteca?…
o un vero
uomo, degno di… impalmarle?...
Dopo averle per sbaglio! ingravidate.
Guardali, sti…maa-ri-ti! Se li stringono
come cagnette!… gatte
possessive!
quei cuccioli che
frignano, che scalciano…
ribelli e inaciditi!
Commoventi
creaturine… usate
come…bambole!
Poi, sentili! Li senti?...‘Dooormi., amoooreee…’
Ma quale amore! Un branco diii…mollicci.
Altro che paroline e
gesti insulsi…
Ai porci comodacci rinunciassero,
loro e
quell’altre…stupide fattrici!
Li vegliassero in casa, i loro…puuupi…”
(Le dissi: “Attenta, che c’è qui… una biiiciiii!”
Ci vidi sopra un bimbo in braccio a un tale
con una mano sola sul manubrio…
Un pelo e c’investiva, tutti e due!…)
“Lo…veeedi? Anche
l’insulto!!!...” (E, in quel frangente,
le piovve addosso, da non so che nube,
il ciuccio inumidito di un lattante.)
Riprese, con ferocia:
“Ri-pu-gnante!
No?...non t’accorgi, teee, di questa vile,
mostruosa, osceeena…e
ovunque riscontrabile…
bruta
emasculazione…della psiche?!...”
“Palmare,” le
risposi, divertito.
“Più del big bang,
fra scienza e nuda ipotesi.
Però, se i sessi,
cara, a ben frugare
sotto le vesti, si
son fatti identici…
nel senso ch’è scomparso
ogni attributo
di un certo,
ehm…peeeso?…che li distingueva,
l’errore in fondo è vostro…non dicevi?
(Mi porse il viso, anzi due labbra turgide
come sospinte dalla brezza estiva.
Mi ci accostai; e le lasciò dischiuse.
Glie le baciai; già la trovai ammansita.)
“Bambina! Come
crederlo anormale,
quel femminile in
loro?…E’ un omo…logico
risveglio…di hm…quel dolcemente fisico…
assiduo, ricorrente,
incoercibile,
teeenero vostro istinto… naturale.
Ch’è voglia, sana
voglia…e quanta voglia!…
insoddisfatta di…hmm… mma-ter-nità?…”
Roberto V. Di Pietro
(alias Momo Sabazio)
(*) W. H. Auden scrive poesia
con una tale larghezza di mezzi…da apparire non soltanto un poeta, quanto
piuttosto un drammaturgo e un saggista in versi. Auden libera la poesia moderna
dai suoi purismi e dai suoi rigori. Scioglie quella specie di “paralisi della
discorsività” che aveva colpito i poeti dal simbolismo alle avanguardie,
uscendo sia dal culto della forma assoluta che dall’informe caotico:
restituisce alla poesia una ricchezza semantica e una robustezza formale
precedentemente perdute, che anche poeti intellettuali come Eliot avevano
ricostruito a fatica. Auden ha scritto versi a centinaia, lunghi poemi di
riflessione diligentemente redatti in versi tradizionali. E’ capace di versificare
qualunque cosa, non fissa confini tematici di argomento e di tono alla sua
poesia. La teatralità della sua versificazione, a volte parodistica, a volte
oratoria, riporta la poesia nelle dimensioni della conversazione, della satira,
dell’ecloga, del saggio e dell’epistola in versi, del sermone…Auden parla e
pensa in versi. E i suoi versi, con la loro polimorfica imprevedibile
regolarità, sembrano essere per il poeta solo strumenti tecnici per pensare
meglio, gioco e musica senza cui l’intelligenza non riuscirebbe a funzionare
altrettanto bene. “La poesia non è magia --
ha scritto egli stesso – “Se si può attribuirle uno scopo ulteriore,
questo consiste nel disincantare e disintossicare, dicendo la verità.”
(Poesia non poesia – Alfonso Berardinelli)
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