Words and Pictures: recensione del film con Clive Owen e Juliette Binoche
Dopo Alien Vs. Predator, Batman v Superman, Mostri contro alieni e King Kong contro Godzilla, ecco
scoppiare - in una galassia lontana da supereroi da fumetto, mostri, 3D, green
screen e performance capture - un altro conflitto, una guerra ben più erudita e
sottile che da una parte vede schierate le parole, dall’altra le immagini.
Le prime sono il pane quotidiano di un professore di letteratura sgualcito come le pagine di un vecchio libro e arruffato come un gatto di strada. Le seconde riflettono lo sguardo sul mondo di una pittrice diventata insegnante di arte. Il cantore delle loro gesta - non meno eroiche di quelle di Achille o di Ulisse perché indirizzate all’educazione di giovani menti svogliate, è quel Fred Schepisi di cui ricordiamo soprattutto l’insolito Sei gradi di separazione, rampa di lancio di un giovanissimo Will Smith.
Le prime sono il pane quotidiano di un professore di letteratura sgualcito come le pagine di un vecchio libro e arruffato come un gatto di strada. Le seconde riflettono lo sguardo sul mondo di una pittrice diventata insegnante di arte. Il cantore delle loro gesta - non meno eroiche di quelle di Achille o di Ulisse perché indirizzate all’educazione di giovani menti svogliate, è quel Fred Schepisi di cui ricordiamo soprattutto l’insolito Sei gradi di separazione, rampa di lancio di un giovanissimo Will Smith.
Inutile
confrontare i due lavori: con l’adattamento della commedia teatrale diJ ohn
Guare, Words and Pictures ha in comune
solo un certo gioco o ammiccamento intellettuale, perché, a settant’anni
suonati e con l’esperienza dei feel good movie Genio per amore e Vizio di famiglia alle spalle, il
regista australiano ha preferito scegliersi una stanza dei balocchi dove
avevano già giocato il Peter Weir de L’attimo fuggente e i
padri delle vecchie screwball comedies, quei geniacci che attraverso dialoghi
al vetriolo avevano inscenato prodigiose e irresistibili battaglie fra i sessi.
E invece, è
proprio in questo apparente mismatching fra Clive
Owen e Juliette
Binoche, e tra i due e il genere rom com, che sta l’intelligenza
del film, che certamente ha dalla sua l’umorismo, ma è anche un racconto molto
amaro. Né il supponente Jack Markus né la professoressa
“ghiacciolo” Dina Delsanto hanno l’aria da romantic
lead. Somigliano piuttosto ad animali feriti, a macchine accartocciate; si
muovono a vista, uno inciampando, l’altra arrancando con un bastone; hanno
corpi non sani, afflitti, chi dall’artrite reumatoide, chi dalla dipendenza
dall’alcool; quanto ai figli: o non li hanno voluti, o non li hanno saputi
educare.
Con due
protagonisti del genere, vinti nella dignità ma così devoti al proprio
mestiere, il film di Schepisi può permettersi qualsiasi
riferimento e soprattutto può concedersi di fare la linguaccia a tutte le zuccherose
love-story su grande schermo che, guarda caso, non coincidono mai con la nostra
vita.
E’ questo realismo che ha permesso alla Binoche e a Clive Owen di aderire perfettamente ai ruoli. Da attore di teatro shakespeariano lui e attrice lei che ha attraversato mezza storia del cinema contemporaneo, hanno entrambi replicato, nella loro recitazione, la dialettica fra parole e immagini, laddove le parole sono la voce e il modo di pronunciare una battuta, e le immagini sono il movimento e la maniera di occupare lo spazio.
E’ un doppio lavoro che si percepisce solo se si presta grande attenzione, perché chi ha talento tende a nascondere lo sforzo sotto una grande naturalezza.
E’ questo realismo che ha permesso alla Binoche e a Clive Owen di aderire perfettamente ai ruoli. Da attore di teatro shakespeariano lui e attrice lei che ha attraversato mezza storia del cinema contemporaneo, hanno entrambi replicato, nella loro recitazione, la dialettica fra parole e immagini, laddove le parole sono la voce e il modo di pronunciare una battuta, e le immagini sono il movimento e la maniera di occupare lo spazio.
E’ un doppio lavoro che si percepisce solo se si presta grande attenzione, perché chi ha talento tende a nascondere lo sforzo sotto una grande naturalezza.
Forse un po’
lungo nelle fasi iniziali, Words and Pictures è anche
la dimostrazione di come gli studenti di oggi non siano poi così asini:
probabilmente hanno solo bisogno di buoni insegnanti e strumenti per
appassionarsi ai libri. Magari non sarà attraverso una gara scolastica che
scopriranno la bellezza di un quadro di Van Gogh o di una poesia
di Montale, ma Fred Schepisi ha fiducia nelle loro
capacità. Fra “words” and “pictures” lui non sceglie, e nemmeno noi. Ci sembra
però che, adesso, ad avere più bisogno di aiuto siano le parole, assediate
impunemente nella loro complessità e nei loro meravigliosi legami da sigle e
acronimi come TVB, ASAP, 3MSC…
Recensione di Danila Oppio
Ho preso dal web questa recensione, perché la trovo aderente al mio pensiero. Ieri sera ho gustato questo meraviglioso film, altamente culturale, dove il conflitto tra PAROLE e IMMAGINI pare inconciliabile. L'arte però ha diversi modi espressivi, e quindi non c'è prevalenza tra la scrittura, sia in forma poetica che in prosa, e l'arte figurativa. Lo hanno dimostrato i due contendenti, nell'ultima parte del film quando, con vero savoir faire, l'uno ha tessuto gli elogi dell'altro. Quel che maggiormente ho apprezzato, è il metodo d'insegnamento utilizzato per stimolare gli allievi a dare il meglio di sé. Non è da tutti i docenti! Fred Schepisi cita brani di grandi scrittori, che con poche parole "dipingono" un quadro. Per esempio Ian McEwan conclude Sabato con questa frase:
E alla fine, in caduta, lieve: questo giorno è passato.
Sembrerebbe poco importante, se non vi si pone attenzione, ma con poche parole, ha trasmesso un senso di pace, di serenità, dopo una giornata iniziata e continuata in una successione di avvenimenti colmi di tensione.
Il mio spassionato consiglio? Guardate e ascoltate questo film, potrebbe sembrare una pièce teatrale, in certi momenti è lento, ma tutto è previsto e ogni gesto, ogni parola, ogni inquadratura trasmette dei profondi significati sul metodo per scrivere e per dipingere, al fine di distinguersi tra tanti, per la particolarità espressiva.
Danila Oppio
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