POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

mercoledì, novembre 23

Dall'Adone di Giovan Battista Marino

Giovan Battista Marino (Napoli, 14 ottobre 1569 – Napoli, 25 marzo 1625) è stato un poeta e scrittore italiano.
È considerato il massimo rappresentante della poesia barocca in Italia, identificata, dal suo nome, anche come marinismo. La sua influenza su letterati italiani e stranieri del Seicento fu immensa. Egli era infatti il rappresentante di un movimento che si stava affermando in tutta Europa, come il preziosismo in Francia, l'eufuismo in Inghilterra (dal romanzo di John Lyly Euphues), il culteranismo in Spagna. Di lui, il celebre critico Francesco de Sanctis scrisse: "Il re del secolo, il gran maestro della parola, fu il cavalier Marino, onorato, festeggiato, pensionato, tenuto principe de' poeti antichi e moderni, e non da plebe, ma da' più chiari uomini di quel tempo."
Frans Pourbus the Younger - ritratto di Marino
Mi fa piacere pubblicare uno stralcio dell'opera L'Adone: è un poema di Giovan Battista Marino, pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1623 presso Oliviero di Varennes.
Nell'eseguire delle sommarie ricerche, ho trovato in questo antico libro, dal quale ho tratto un brano del Canto 7 dove appare una discrepanza tra questa versione e altre.



Se  vi fate caso, il secondo verso cita: 
Ristoratrici de l'afflitte menti,....
Mentre nelle versioni più moderne il secondo verso cita: 
 Ristoratrici de l'afflitte genti,
A mio modesto parere, credo sia giusta la seconda strofa, in quanto, se fosse "menti", sarebbe ripetuto due volte lo stesso vocabolo nella medesima strofa. E' pur vero che sia le genti che le menti si possono affliggere, ma qualche volta le genti sono state affisse, soprattutto nei tempi in cui la crocifissione era una usuale pena di morte. Ne sa qualcosa Gesù! C'è comunque un altro modo per affiggere le persone, per esempio mettendole in croce con le parole offensive o con atteggiamenti di estrema crudeltà mentale.
E dopo questo breve excursus, eccovi un brano del lungo poema di Marino: L'Adone.

Argomento
Accenti di dolcissima armonia

ascolta Adon tra suoni e balli e feste;
s'asside a mensa con la dea celeste
e le lodi d'amor canta Talia.

Canto settimo

Musica e Poesia son due sorelle
 ristoratrici de l'afflitte genti,

de' rei pensier le torbide procelle
con liete rime a serenar possenti.
Non ha di queste il mondo arti più belle
o più salubri al'affannate menti,
né cor la Scizia ha barbaro cotanto,
se non è tigre, a cui non piaccia il canto.
Suol talvolta però metro lascivo 
l'alte bellezze lor render men vaghe,
e l'onesto piacer fassi nocivo
e divengon di dee tiranne e maghe.
Né fa rapido stral passando al vivo
tinto di tosco sì profonde piaghe,
come i morbidi versi entro ne' petti
van per l'orecchie a penetrar gli affetti.
Elle, ingombrando il cor di cure insane 
col dolce vin dela lussuria molle,
quasi del padre ebreo figlie profane,
l'infiamman sì che fervido ne bolle.
Instigate da lor le voglie umane
a libertà licenziosa e folle,
dietro ai vani appetiti oltre il prescritto
trascorron poi del lecito e del dritto.
Ma s'ala forza magica di queste 4ª ottava
incantatrici e perfide sirene
ad aggiungere ancor per terza peste
il calor dela crapula si viene,
che non può? che non fa? quante funeste
ulularo per lei tragiche scene?
Toglie di seggio la ragion ben spesso,
l'anima invola al cor, l'uomo a sestesso.
Lupa vorace, ingordo mostro infame, 
lo cui cupo desir sempre sfavilla,
che sol per satollar l'avide brame
brami collo di grù, ventre di Scilla,
sich'esca omai bastante a tanta fame
la terra o l'acqua non produce o stilla,
e dala gola tua divoratrice
apena scampa l'unica fenice.
Dolce velen, che d'umor dolce e puro 
irrigando il palato innebri l'alma,
dal tuo lieto furor non fu securo
chi pria t'espresse con la rozza palma.
Del tuo sommo poter, fra quanti furo
oppressi mai di così grave salma,
Erode e Baldassare ed Oloferne
han lasciate tra noi memorie eterne.
Ma vie più ch'alcun altro Adone è quello 
che ne fa chiara prova, espressa fede.
Eccolo là che verso il terzo ostello
con la madre d'Amor rivolge il piede.
E'l portinaio ad ospite sì bello
aperto il passo e libero concede
e, per via angusta e flessuosa e torta,
d'un in altro piacer fassi sua scorta.
Stava costui con pettine sonoro 
sollecitando armonico stromento.



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