Mi hai inventata. Una così sulla terra non
c’è,
non può esserci. Non la guarirà un medico,
non la placherà un poeta: è l’ombra di un fantasma
che ti angoscia giorno e notte.
Ci incontrammo in un anno inconcepibile,
quando languiva l’energia del mondo,
tutto era lutto, tutto piegava sotto la sventura,
ed erano fresche soltanto le tombe.
Senza fanali. Nereggiava come pece il flutto della Neva,
una sorda notte si ergeva attorno come un muro…
Così, quando t’invocò la mia voce,
cosa facessi io stessa non capivo.
E tu venisti a me come guidato da una stella,
percorrendo un tragico autunno,
in quella casa devastata per sempre,
da cui si alzava uno stormo di versi bruciati.
non può esserci. Non la guarirà un medico,
non la placherà un poeta: è l’ombra di un fantasma
che ti angoscia giorno e notte.
Ci incontrammo in un anno inconcepibile,
quando languiva l’energia del mondo,
tutto era lutto, tutto piegava sotto la sventura,
ed erano fresche soltanto le tombe.
Senza fanali. Nereggiava come pece il flutto della Neva,
una sorda notte si ergeva attorno come un muro…
Così, quando t’invocò la mia voce,
cosa facessi io stessa non capivo.
E tu venisti a me come guidato da una stella,
percorrendo un tragico autunno,
in quella casa devastata per sempre,
da cui si alzava uno stormo di versi bruciati.
(Anna Andreevna Achmatova, 1956 – La corsa del tempo –
trad. Michele Colucci)
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