La notte in discoteca è stata davvero memorabile: vibrante
di musica e sfavillante di luci, animata da danze e risate senza fine, resa
ancora migliore da spuntini appetitosi innaffiati da vini locali. Una nottata
incantevole senza orari fissati per il rientro. Sia io che Gianni e Marco
eravamo perfettamente attrezzati per ogni evenienza: portavamo con noi le
protezioni giuste, per evitare malattie sgradevoli e gravidanze indesiderate. Per nulla al mondo avremmo voluto che il
nostro piacere generasse piccole vite indesiderate. Avevamo decollato dal nido
familiare muniti di ogni precauzione possibile. Ma, mentre i miei due compagni
di avventure sono spariti a un certo punto per
aspettare l’alba tra le braccia di due splendide ragazze consenzienti,
io mi sono limitato a chiacchierare, scherzare, ascoltare. Tutti e tre avevamo delle ragazze in famiglia:
chi una sorella, chi una cugina,e soprattutto tutti abbiamo una mamma…Mi
sarebbe sembrato di sporcarle approfittando di quelle adolescenti che non avrei forse mai più
incontrate.
Spesso ho sentito raccontare amori estivi, amori di gruppo,
scambi di coppie. Ma non fa per me. Non li condanno, ma non ne voglio sapere.
Negli sguardi dolci e
fieri di quelle giovani donne allegre palpitavano, nonostante tutto, gli echi
delle tragedie che avevo studiato. Rivedevo con gli occhi del cuore
l’espressione fiera, assorta, triste e paziente di Penelope, in attesa di
Ulisse. E mi pareva di risentire il pianto delle coraggiose donne dell’isola di Chio.
La Grecia, da sempre, è culla eterna, patria ancestrale di
arte, di storia, di spiritualità e di conflitti combattuti in difesa della
libertà. La strage di Chio è stata un genocidio troppo presto dimenticato,
culminato nel massacro di migliaia di greci nel 1822.
Innocenti massacrati dalle truppe musulmane turco-egiziane guidate dal generale
Ibrahim Pascià.
I
greci delle isole vicine giunsero a Chio ed incoraggiarono i residenti a
perseverare nella lotta per l'indipendenza del Paese. In risposta, le truppe ottomane
sbarcarono sull'isola massacrando migliaia di persone. Il massacro fu un
oltraggio internazionale e portò ad una solidarietà sempre maggiore nei
confronti dei greci, che vennero sostenuti da potenze straniere fino alla
liberazione finale. I fatti di Chio
costituirono un episodio simbolo della guerra
d’indipendenza greca. Trentacinquemila donne di ogni età
furono oltraggiate e deportate, mentre la popolazione civile venne trucidata.
Forse è la mia innata timidezza, forse
sono queste memorie scolastiche, ma ho scelto di rispettare le affascinanti
amiche di una sera, ignorando la loro disponibilità a costo di apparire un
tantino imbranato. La musica mi incanta e il mio pensiero, mentre offro il
meglio di me stesso sulla pista da ballo, vola distante. Penso alle note
struggenti della mia chitarra, che mi aspetta nella tenda, e alla magia della
musica che può portarci via da tutto, liberandoci dal dolore, dal rancore,
dalla paura.
Melodie popolari e armonie immortali
permettono a popoli sconosciuti, che non comprendono le rispettive lingue, di
capirsi lo stesso per stringere amicizie. La musica è una lingua
internazionale, che parla di dialogo, comprensione, fratellanza, poesia,
libertà.
I
valori testimoniati meravigliosamente da San Francesco d’Assisi, che mi è
particolarmente caro.
Sono sicuro di voler aiutare gli altri
con le note della mia chitarra. E non sono altrettanto certo di volermi
consacrare a un amore terreno. Mi sento attratto da un Amore più grande,
diverso, sconfinato. Non so ancora quale sarà la mia strada. Al termine di
questo viaggio spensierato, dovrò decidere del mio destino umano e scolastico.
Possa Iddio guidarmi, tenendomi per mano.
Ci siamo ritrovati tutti e tre nella
tenda che eravamo riusciti a procurarci in maniera un tantino avventurosa,
crollando sfiniti praticamente all’alba. Pronti per una solenne dormita.
Eravamo in vacanza e gli orari non avevano alcuna importanza. Ho ascoltato
Gianni e Marco raccontare le loro avventure amorose con toni altisonanti, e ho
inventato anch’io qualche prodezza, com’era di prammatica. Nessuno di noi aveva
esagerato con gli alcolici, né abusato di altre sostanze. Sprofondammo in un sano
sonno beato, ristoratore.
I giorni a seguire furono ugualmente
fantastici, vissuti all’insegna dell’umorismo e dell’improvvisazione. Autostop,
treno, barca, ogni mezzo era buono per spostarci ed esplorare il mondo
circostante. Spiagge assolate, mare blu pulito e trasparente dalle mille
sfumature pastello, suggestive quanto minuscole chiesette che non riuscivano a
contenere tutti i fedeli che partecipavano a una funzione.
Ogni tanto lavoravamo occasionalmente in
qualche fattoria o presso un ristorante: quel tanto che bastava per prolungare
la vacanza. Abbiamo avuto sovente la fortuna di imbatterci in gente che capiva
il francese o l’inglese, due lingue che, tra tutti e tre, masticavamo in
qualche modo.
Impossibile descrivere la selvaggia
bellezza di Mikonos, con le basse costruzioni bianchissime sospese tra cielo e
onde, un’isola unica nel suo genere, accarezzata da acque turchine mitiche,
culla di leggende e di sirene.
Nonostante tutto, anche se non lo avremmo
mai ammesso apertamente, ci mancavano le comodità e l’atmosfera di casa.
Avvertivo acutamente la nostalgia delle premure di cui i miei cari sapevano
circondarmi, rimpiangevo i bisticci bonari con i miei fratelli e le effusioni
spontanee dei miei animali domestici. Timmy, un bel cagnone meticcio adottato
al canile, che mi svegliava scodinzolando ogni mattina e i due gatti pestiferi,
Tecla e Coccolone, madre e figlio, sempre intenti a combinare spassose
marachelle o a fare le fusa poco distanti da me. I miei tesori, che certo si
chiedevano dove fossi finito. Il rimorso faceva capolino, vago ma insistente,
ricacciato ma costante.
Così, quando una immensa, confortevole
roulotte con una bella targa italiana si profilò all’orizzonte, farci avanti fu
istintivo. La rassicurante coppia
proprietaria del mezzo fu felice di conoscerci.
Lui si chiamava Astore e sembrava uscito da
una favola greca: era un bell’uomo
molto alto e robusto, un simpatico gigante chiacchierone dagli immensi
occhi azzurri come il mare, con lunghi, lucenti capelli rossicci color del
tramonto, e una patriarcale barba fluente. Lavorava come valente fisioterapista
di una celebre squadra di calcio, di cui
eravamo tifosi all’unanimità. Aveva mille coloriti aneddoti buffi da
raccontare.
Sua moglie, Carlotta, era una brunetta
riservata e striminzita, piccolina, sorridente, guardinga. Un’infermiera sul
territorio. Avevano pressapoco l’età dei nostri genitori e provenivano dalle
fredde montagne piemontesi. Abitavano in una vallata sperduta che confinava con
la Francia. Ci invitarono subito a cena e ci offrirono di fare una doccia. La
roulotte era attrezzatissima, praticamente un miraggio, con saponette profumate
e asciugamani morbidi, puliti a volontà.
Astore cucinava benissimo e finalmente
abbiamo gustato prelibatezze dimenticate da troppo tempo. Cibo abbondante preparato con la massima cura,
rosè frizzante e persino i dolci per concludere.
Dopo, intorno a un bivacco improvvisato
lungo il bagnasciuga, cominciarono le prime confidenze. Furono gli adulti a
spezzare il ghiaccio, inaspettatamente.
Carlotta e Astore erano venuti in Grecia
per riabbracciare Carlo e Selma, il maggiore dei loro figli e la nuora. Tempo
addietro, i due virgulti avevano bruscamente tagliato i ponti con il mondo cosi
detto civile, per reinventarsi in quella terra sotto vari aspetti ancora
povera, primitiva. Selma e Carlo avevano deciso di riconciliarsi con la natura,
di lasciarsi alle spalle l’inquinamento, la frenesia, la premura, la
competitività, le scadenze. Sebbene avessero studiato con buoni risultati e
ottenuto entrambi eccellenti posti di lavoro, avevano maturato una scelta
contro corrente. Lasciando l’alloggio ben accessoriato in cui vivevano, le
amicizie, le brillanti prospettive future, per trasferirsi a vivere come nomadi
improvvisati in un remoto villaggio di pescatori.
Ogni tanto cambiavano borgo, intenzionati
a non mettere radici, finendo intrappolati in situazioni precarie. Erano
rigidamente vegani. Camminavano a piedi scalzi e Selma aveva partorito in casa
i loro due bimbi, Alessio e Marina. Come le donne di una volta. Distante da
imposizioni ospedaliere. Come Eva agli albori del mondo.
Astore e Carlotta, come avrebbe fatto
qualsiasi nonno esemplare, venivano a trovarli appena possibile: portando con
sé abiti, denaro, giocattoli, scarpe e tutto ciò che poteva servire a una
famigliola di quattro persone senza un reddito
fisso. Nonostante il tono lieve della conversazione, si intuiva la loro fondata preoccupazione, aldilà della mentalità
moderna che si sforzavano di ostentare con tagliente homour. Figlio e nuora
rifiutavano ciò che ambedue rappresentavano: la medicina tradizionale, gli
antibiotici, le vaccinazioni, le visite di controllo di routine. Scoppiavano frequenti discussioni nonostante
la buona volontà reciproca di accettarsi.
Alessio e Marina, peraltro sanissimi,
crescevano allo stato brado e i nonni dubitavano che avrebbero mai frequentato
seriamente la scuola, acquisendo l’istruzione indispensabile per cavarsela nel
mondo odierno. Li adoravano e si tormentavano immaginando un avvenire fosco.
Sullo sfondo, la risacca faceva da
colonna sonora, mentre migliaia di stelle luminose sembravano intente a giocare
con la spuma in cui si riflettevano birbone. Per garantire un intervallo gradevole,
proposi alcuni brani di chitarra e ben presto ci ritrovammo a cantare tutti
insieme. Non brilli, ma sazi e rilassati.
Era inevitabile che il nostro pensiero, a
questo punto, andasse anche ai nonni che ci avevano allevati mentre i nostri
genitori erano al lavoro. Marco doveva ai nonni paterni i rari momenti di
trasgressiva semplicità e sano divertimento che avevano rallegrato la sua
infanzia monotona: di origini contadine, lo lasciavano giocare con la terra e
con i cani ogni volta che era affidato a loro. In compagnia degli antenati gustava coccole
insuperabili e manicaretti succulenti, poteva essere un bimbo come tutti gli
altri, ignorando l’etichetta, rotolandosi nel fango, sbucciandosi le ginocchia,
divorando gelati e correndo con i piccoli della sua età a perdifiato.
I nonni di Gianni, sia quelli paterni che
quelli materni, si erano presi cura di lui con infinito affetto, cercando di
tamponare le falle genitoriali e di provvedere alle sue necessità. Doveva a
loro le vacanze a Miramare di Rimini, le gite in montagna, l’amore per lo sport
e la fede che gli avevano trasmesso.
Per i miei quattro nonni invece, io
modestamente rappresentavo un prodigio. Era arrivato inatteso, ultimo
miracoloso nipote, e mi avevano accolto con indiscusso giubilo. Mi inondano
tuttora di regali, carezze, sorprese. Vado con piacere a trovarli: so che mi
vogliono un gran bene a dispetto di qualunque pasticcio possa combinare.
Mi chiedo come reagiranno se diventassi
frate francescano.
La nostalgia per le brave persone che in
qualche modo erano sicuramente in ansia per noi tornava ad affacciarsi. La
mattina seguente, Astore e Carlotta ci permisero volentieri di usare i loro
cellulari per dare notizie a casa, dove in effetti serpeggiava una certa
ansietà.
Decidemmo di tornare in Italia tutti
insieme. Avremmo visitato ancora un po’ la Grecia, sostando a Rodi e a Milos
per le cure termali a cui i nostri ospiti tenevano particolarmente, poi saremmo
rientrati in massa. Non avevamo più il problema dei pasti, era come se un
abbraccio caldo e protettivo ci avvolgesse accogliente.
Eravamo liberi di scorazzare e di trascorrere
le serate come preferivamo, ma poi c’era la roulotte ad aspettarci.
Milos è un’
isola indimenticabile, situata nell’arco vulcanico dell’Egeo settentrionale, i terreni là sono caldi, assicurano vapori e
pozzi di acque termali.
Si tratta di un’ isola speciale, colma di ricchezze
geologiche. Importanti aziende minerarie ricavano la bentonite, il caolino, la
perlite, e la pozzolana, e la loro attività
frena lo sviluppo turistico per
conflitto di interessi.
Tra le tante
ricchezze non sfruttate ( la geotermia, le miniere d’oro, il cui sfruttamento
la popolazione ha sinora rifiutato ), ci sono le acque termali, poco note ai
turisti e spesso agli stessi isolani.
Le acque termali di Milos si usano da millenni a scopi curativi. Ippocrate
nella sua “Peri Epidimion ” citava questa risorsa, certo che fosse
provvidenziale contro dermatiti e obesità. Attualmente a Milos funziona un
ottimo piccolo centro termale ad Adamas, all’interno di una grotta chiamata “Ta
loutrà tou lakkou”, le terme della fossa. L’acqua ha una temperatura dai 35 ai
41° C, e il pozzo è caratterizzato da una
base di cloruro di sodio. Apprezzatissimo per debellare neuro artriti e
artrosi, osteoporosi, mialgie e nevralgie, reumatismi, malattie femminili.
Un tempo le acque termali di Milos si usavano per curare le malattie
dermatologiche a causa del contenuto di zolfo. Una delle sorgenti, conosciuta
come “Loutrà Alikìs”, era consigliata per le patologie femminili e la
sterilità. Oggi la grotta è murata e non funziona. La sorgente Aliki, di fronte
alla centrale elettrica, in riva al mare, sembra generi le stesse acque.
In generale le acque termali di Milos non sono sfruttate. Acque termali e
soffioni si incontrano un po’ dovunque vicino al mare, sono gratuitamente accessibili:
ma è facile accedervi nelle zone di Kanava
(Terme di Aliki ) e nella parte destra della spiaggia di Paleochori.
Pur essendo nel
fiore degli anni e in perfetta salute, ci ha fatto comunque piacere
sperimentare le virtù delle terme. Chissà che non ci assicurino un inverno
senza raffreddori. Abbiamo incontrato parecchi italiani là.
Tra loro,
Daniela, una irresistibile donna senza età che Astore e Carlotta avevano quasi
adottato durante i loro viaggi precedenti. Erano carichi di provviste anche per
lei, che li ha accolti con festose esclamazioni di genuino giubilo.
In Grecia, il
randagismo è un fenomeno dolorosamente diffuso. Cani e gatti raminghi vivono in
media due anni soltanto. Sono esposti ai maltrattamenti, alla fame, alla paura,
alle malattie.
Daniela si è
stabilita da tempo immemorabile in una grotta spaziosa e confortevole,
dedicandosi totalmente a loro. Li soccorre, li cura, li rifocilla come può.
Inselvatichisce gioiosamente in loro compagnia.
La sua attività consiste nel consultare le
Rune e i Tarocchi per un ristretto pubblico di fans. Chi frequenta le terme ha
imparato a volere bene a lei e alle sue bestiole. E’ una strega buona,
scarmigliata e sorridente.
Le turbolente
traversie politiche che hanno provocato ripetute crisi economiche in Grecia
hanno favorito anche il terribile fenomeno degli abbandoni. Si vocifera di tre
milioni di cani e gatti lasciati per strada, in balia di un destino spesso
infausto. Luoghi stupendi fanno da
sfondo a tragedie quotidiane.
Ci sono zone più
fortunate, come la penisola del monte Pelion dove, tra ulivi, ruscelli e
maestose foreste, mici e tabui vengono sterilizzati e vaccinati, nutriti e
lasciati felicemente liberi, mai rinchiusi ma sempre accuditi. Si tratta però
di una eccezione.
Anche Daniela ha una storia da narrarci.
Ha lavorato per oltre trentacinque anni in Italia, nel grande Nord, per poi
ritrovarsi sola, senza salario né
pensione. Divorziata, era igienista in
uno studio dentistico e una lunga, tormentosa relazione la univa a uno dei suoi
datori di lavoro, regolarmente sposato e ben deciso a salvare la facciata. Un
illustre professore che, quando lei era una giovane madre rimasta sola ad
allevare la sua bambina, le aveva detto:”O così, o te ne vai!”. Un ricatto
occupazionale\sessuale antico come la terra stessa.
Daniela, nonostante gli inizi infelici,
avrebbe potuto amarlo se fosse stato meno prepotente, geloso, violento e tirchio.
Diventato nonno di ben due gemelli, il famoso
dentista decise di liberarsi dell’amante che da tempo reclamava più spazio e
dignità per il suo ruolo, stufa di doversi accontentare delle briciole del suo
tempo e di uno stipendio striminzito. Lo screzio culminò in un licenziamento
improvviso, senza preavviso, senza giusta causa, né referenze. Una condanna per
una donna che aveva sorpassato gli “anta”. Avrebbe potuto metterla in cassa
integrazione, ma non volle. I colleghi avallarono quel mobbing atroce.
Daniela si rivolse invano alle forze
sindacali che dovrebbero tutelare i lavoratori, capitanate in loco da
un’avvocatessa che conosceva da sempre, quasi un’amica. La sua fiducia fu
tradita ancora una volta e la sua causa fu venduta. Si ritrovò a perdere la
vertenza con spese assegnate. Non trovò un altro impiego. E fu così che si
rifugiò in una grotta, distante dalla sua terra natale, circondata da creature
innocenti e leali che non l’avrebbero mai ferita. In Italia aveva lasciato la
figlia e il genero che temevano di doverla accogliere e un mucchio di
conoscenze storiche sfumate con l’avanzare delle sue disgrazie. Lì, sull’isola,
era la signora degli animali e si sentiva una regina. Se le norme
pensionistiche italiche non fossero mutate, avrebbe ricevuto un appannaggio
mensile. Così, non aveva nulla oltre al suo mazzo di Tarocchi.
I cani, di ogni età, taglia, indole e
razza scodinzolavano contenti intorno a lei. Mentre i mici formavano una
soffice piramide che la sovrastava quando piombava addormentata.
In
qualche modo, riesce a sfamarli tutti. Perché Dio e San Francesco provvedono
alle creature indifese. Sono certo che il Santo di Assisi veglia su questa
donna stanca, che appare piccola e sperduta nella sua caverna. Che vuole
apparire forte e si rivela inconsapevolmente fragile.
Insieme a Gianni e Marco scattiamo
numerose fotografie agli animali. Le diffonderemo tramite i giornali italiani e
certamente qualche animalista generoso raggiungerà la cartomante sull’isola per
aiutarla.
Mentre una falce di luna ci accarezza con
i suoi raggi d’argento, Daniela consulta per noi gli Arcani maggiori e minori.
Non ha la pretesa di essere infallibile, ma il suo volto appare concentrato
nello sforzo di proiettarsi oltre i confini della realtà palpabile. Sta volando
oltre la miseria, i ricatti, la violenza, sta accarezzando una Dimensione
diversa, impalpabile e migliore. Gli Arcani, con tutto il loro antichissimo
bagaglio di saggezza pittoresca, volteggiano solenni, componendo caleidoscopi
d’infinito.
A Carlotta e Astore, la maga promette che
Selma e Carlo torneranno in patria con Alessio e Marina. Rimarranno originali,
fantasiosi e bizzarri a vita, sentenzia maliziosa: ma i bambini frequenteranno
la scuola e avranno un’esistenza confortevole. Nell’ombra, avverto due sospiri
di sollievo.
Per Gianni prevede un avvenire sereno.
Avrà una brava moglie e una famiglia regolare, che lo compenserà di tutto
quello che ha patito. Sarà un buon marito e un lavoratore assai apprezzato.
Marco dimenticherà un tantino le
consuetudini e il bon ton per trasformarsi in un artista in carriera applaudito
e ricercato. Anche lui incontrerà l’amore e avrà la giusta fetta di gioia.
Quando arriva il mio turno, Daniela
diventa seria, pensierosa, quasi triste. L’Impiccato, la Torre e l’Eremita
annunciano un mistero difficile da svelare.
-
C’è una grande spiritualità –
afferma solenne – affronterai prove
difficili, ma riabbraccerai i tuoi cari dopo una serie di peripezie-.
Le chiedo se mi sposerò. Scuote la bella
testolina arruffata:- Diventerai un bravo frate, non in carriera ma in
corriera, un frate in gamba che…non brucerà mai una strega!! Rammenta che il
tempo dei roghi è finito!-
Le sue lunghe dita affusolate e rugose mi
accarezzano teneramente. Quella carezza che vorrebbe darei ai nipotini che
forse non vedrà mai.
Il rientro è avvenuto nel migliore dei
modi. Rodi è stupenda e siamo stati entusiasti, dell’isola e della nostra
esperienza in generale. I nostri parenti ci hanno visti tornare a bordo della
roulotte. Ormai preoccupazioni e arrabbiature erano sfumate. Tutto si è
concluso con un abbraccio generale. Anzi, si è creato un legame di simpatia
anche tra i nostri familiari e la coppia che si è occupata di noi con tanta
sollecitudine.
Sto per recarmi ad Assisi a studiare
musicoterapia e sono fiero dell’indirizzo che ho scelto, del cammino che sto
per iniziare. Ma il ricordo della nostra vacanza in Grecia rimarrà scolpito nel
mio cuore.
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