Mi trovai un giorno in una stanza semibuia è illuminata solo dalla luce tenue del
focolare alimentato da legna di quercia, leccio e ginestra.
Quella stanza, aperta ed esposta a
mezzogiorno, aveva una sola finestra senza vetri. Nella stessa vi si entrava
scendendo uno scalino, dalla parte del piazzale antistante, in terra battuta.
Ai due lati del focolare c’erano due panche molto ampie, fatte a cassettone
allo scopo di contenere oggetti da dispensa.
Le due panche di legno erano coperte da
due materassini di lana adatti, certamente, anche a dormirci sopra.
Al lato sinistro del focolare, agganciato a
un chiodo conficcato nel muro in calce e pietra, era sospeso uno schioppo
monocanna e ad avancarica: la forza armata, per un casolare in aperta campagna.
Ero un ragazzino di circa quattro anni e
mi ero seduto sulla panca. Lo schioppo era a portata di mano. Per un po’ quel
giocattolo lo osservai con un misto di curiosità. Una forte tentazione per me,
verso quell’oggetto pericoloso, fu quella di metterci le mani. Ero lì a godermi
il tepore dell'ambiente ma, a un certo punto io, il Pierino di turno, pur non
essendo certamente ignaro di cosa si trattasse o a cosa servisse, ne venni
conquistato e tentai il gioco. L’arma era lì accanto a me, ed io ero solo. Lasciandomi trasportare in una dimensione di
sicurezza e di forza, presi coraggio.
A
un certo punto, senza staccarlo dalla parete, essendo lungo più del doppio
della mia statura e di un certo peso, privo dell'idea di farne uso come gli
adulti lo toccai e, notando che aveva un ponte e due diversi attrezzi alterni,
ne mossi uno, il così detto cane, che restò aperto e bloccato. Se fossi stato
consapevole delle conseguenze, avrei potuto lasciare tutto così; ma qualcuno si
sarebbe potuto accorgere che era stato manomesso e, forse, era meglio
rimediare. Cerca così di riportarlo nella precedente posizione ma non vi
riuscii. Avrei dovuto agire sul cane e grilletto in contemporanea, ma non avevo
mai visto fare da nessuno quell’operazione. Provai se fosse stato possibile con
l'altro, e l'efficacia fu seguita da un boato che aprì nel tetto a coppi un
consistente cratere. Intanto lo strattone, praticato dal conseguente effetto
del rinculo, staccò l’arma dal chiodo e la mandò stesa sul pavimento.
Mi spaventai e, non presagendo quale
castigo mi sarebbe stato imposto per l'imprudenza, prima fatto che pensato,
fuggii all'esterno per immettermi in un tratturo e corsi via.
Il botto dello schioppo e il volo dei coppi
in aria, lo squarcio rotondo nel tetto, accadde tutto in un attimo: così
raggiungere la porta e imboccare il tratturo in direzione est, fu come avere
nelle gambe un carburante al fulmicotone, in compagnia di un batticuore causato
dalla tremenda paura.
Si
trattò forse di un presagio? Ovvero che avrei imbracciato un fucile, ma questa
volta per partire soldato, a guerreggiare?
Tommaso
Mondelli
Questo racconto è pubblicato sulla rivista online dicembre 2016 L'Approdo
Questo racconto è pubblicato sulla rivista online dicembre 2016 L'Approdo
Nessun commento:
Posta un commento