Il PERICOLO ARRIVA SEMPRE DALL’ORIENTE
Ricordo quando andavo al mercato con papà, che era situato in Piazza Mirabello a Milano. Ricordo che mi fermavo a curiosare presso la bancherella di Slim, un cinese che a me pareva vecchio, ma forse non aveva ancora 50 anni. Vendeva borse, cinture e portafogli e altre carabattole. Ricordo anche il quartiere cinese di allora, case vecchie e fatiscenti, decisamente non bello da visitare, ma da quando tra il 2010 e il 2011 via Paolo Sarpi fu rimessa a nuovo da un intervento di riqualificazione urbana, attuato con una pavimentazione in pietra unita a un ornamento di aiuole ed alberi che ha creato un percorso pedonale, l’arteria principale del quartiere cinese di Milano è improvvisamente diventata una delle zone più alla moda della città. E qui si sono installati definitivamente solo cinesi. Li abbiamo importati a Milano.
Che cosa importiamo da sempre dalla Cina? Giocattoli di plastica piuttosto pericolosi per i bambini, borse e abbigliamento taroccati, con firme dell’alta moda che nulla hanno a che fare con il materiale utilizzato dai nostri stilisti. Tessuti tinti con materiale tossico. Qui a Legnano avevo per la prima e ultima volta provato ad acquistare in una bancarella cinese un paio di jeans. Come li ho indossati, hanno rilasciato colore e mi sono ritrovata le gambe blu. Borse firmate Prada o Luis Vuitton, di puro materiale plastico ed esposte senza vergogna. I fanatici delle firme ma con pochi soldi nel portamonete, volentieri le acquistano per sfoggiare l’etichetta falsa, ma che fa scena. Tutto questo accadeva all’inizio delle importazioni di prodotti Made in China o più propriamente made in PRC.
Oggi, qualsiasi articolo, soprattutto tecnologico che pensiamo sia prodotto in Germania, in Francia, o anche in Italia, a ben guardare sulle diciture delle confezioni, ci si accorge che è prodotto in China. La mano d’opera costa meno e anche la materia prima, e mi spiace che le aziende italiane facciano produrre fuori dalla nostra Nazione ciò che commerciano. Così ci s’impoverisce sempre più, togliendo lavoro alla nostra gente.
Cosa d’altro importiamo dalla China? Angela Fabbri in alcuni suoi articoli ha raccontato che abbiamo importato le cimici cinesi, imbarcate su aerei provenienti dalla PRC. In aggiunta a questi, penultima e letale importazione, il COVID-19. Anche di questo si è parlato e se ne continua a dire.
Ma c’è una novità. Altra importazione, ed è di quest’ultima che desidero trattare ampiamente. Sulle rotte della globalizzazione un altro pericolo arriva da Oriente: mi riferisco al killer degli alveari: la vespa velutina.
Si tratta del CALABRONE ASIATICO detto anche calabrone dalle zampe gialle, ed è un imenottero della famiglia Vespidae, originario del sud-est asiatico. Un insetto che ha la dimensione del calabrone nazionale, arrivato alcuni anni fa in Francia in un carico di bonsai dalla Cina e da lì migrato nel nostro Paese, dove ha iniziato a fare strage di arnie, soprattutto in quelle della riviera ligure di ponente. Ma l’avanzata non si è fermata. Il temibile cacciatore, è stato avvistato anche in Toscana. Solo qualche settimana fa la rete fra scienziati dell’Università di Firenze e Pisa e alcune associazioni di apicoltori ha registrato nuove segnalazioni del terribile predatore di api e insetti impollinatori. E la diffusione, se non fermata, potrebbe avere effetti devastanti non solo sull’apicoltura ma anche su ecosistema e biodiversità.
L'ultima novità che ha seguito le cimici cinesi e il Corona Virus è quindi questa vespa velutina che ha osato venirmi a far visita, perciò non si trova solo in Liguria e Toscana. Il grosso calabrone l’ho visto l'altro ieri sul pavimento del soggiorno, a gambe all'aria. Ho provato a cacciarlo via ma camminava tra le setole della scopa e tornava in superficie. Allora ho indossato un guanto di latice, quello che si usa in questo periodo per isolare le mani da possibili contagi - sempre dono cinese - e con un bel pezzo di carta igienica l'ho delicatamente raccolto, altrettanto gentilmente gettato nella tazza del WC e tirato lo sciacquone. A differenza di altri imenotteri, si tratta, come ho detto, di un assassino delle api, nutrendosi delle stesse e distruggendo le arnie. Api che già sono quasi estinte per l’umana leggerezza nell’uso indiscriminato dei diserbanti, anticrittogamici e altri prodotti chimici per l’agricoltura. La morte delle api manda tutto l’ecosistema a catafascio. Nessuna pietà se lo gettiamo nel cesso!
Alla fine, dobbiamo guadarci intorno: i cinesi hanno aperto molte attività nel nostro Paese e non solo commerciali, come negozi, bar e ristoranti, che sono anche simpatici, ma hanno acquistato aziende e industrie che erano il nostro fiore all’occhiello. Non abbiamo solo importato cimici, vespe assassine, punteruoli rossi della palma che sono coleotteri curculionidi, originari dell'Asia, micidiali parassiti di molte specie di palme il cui nome scientifico è Rhynchophorus ferrugineus, abbiamo proprio importato i Cinesi col loro seguito di magagne.
Vorrei aggiungere che la colpa non è da addebitare solo ai cinesi, non me la prendo tanto con loro, quanto invece con il Governo che ha costretto gli imprenditori italiani, con la sua amministrazione poco accorta, a vendere le proprie attività a chi si offriva di acquistarle, spesso cinese. Se i dipendenti sono licenziati a causa degli eccessivi costi di gestione aziendale, se le materie prime sono lievitate nei prezzi, diventa difficile ottenere utili. Così le aziende italiane muoiono. E se il commercio cinese si deve servire degli aerei per trasportare gli articoli prodotti in China, insieme alle persone arriva tutto il resto, dagli insetti nocivi ai virus letali.
Danila Oppio
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