Pare strano che, lo scorso anno, durante il mese di agosto, abbia già
trattato l’argomento riguardante Hannah Arendt. Lo potrete leggere a questo link.
E’ chiaro che questa filosofa ha colpito nel
segno! Forse ci vuol dire ancora qualcosa? Da Pirandello a una lirica di Roberto Di Pietro, siamo giunti a lei.
Quanto alla mia lirica, - Padre,
per un filo d’erba… - al di là del senso letterale piuttosto ovvio, secondo
la mia consuetudine intende suggerire un significato metaforico
ulteriore...quale? Se al posto di quel "filo d'erba" ci mettessimo
un'umile creatura umana qualsiasi, altezzosamente giudicata
dai più come essere inutile, di nessun conto e quindi 'spendibile'? Da potersi,
cioè, impunemente "strappare" alla vita, eliminare del tutto dalla
faccia della terra senza il minimo scrupolo? E poi magari stupirsi che ci possa
essere qualcuno a voler 'stupidamente' colpevolizzare il nostro comportamento
addirittura omicida!
Ha presente il celebre saggio (controverso) di Hannah Arendt sulla "banalità del male", da lei
scritto dopo aver assistito al processo a Eichmann e aver conseguentemente meditato sull’atteggiamento
disinvolto assunto anche da altri criminali nazisti condannati a Norimberga?
Ndr: Otto Adolf Eichmann (Solingen 19 marzo
1906 - Ramla – 31 maggio 1962) è stato un paramilitare e funzionario tedesco.,
considerato uno dei maggiori responsabili operativi dello sterminio degli ebrei
nella Germania nazista. .Col grado di SS era responsabile di una sezione
de RSHA; esperto di questioni ebraiche, nel corso della cosiddetta soluzione
finale, organizzò il traffico ferroviario per il trasporto degli
ebrei ai vari campi di concentramento. Criminale di guerra, sfuggito
al processo di Norimberga, si rifugiò in Argentina, ma venne poi catturato
dal Mossad, processato e condannato a morte in Israele per genocidio
e crimini contro l’umanità.
Si, Roberto, avevo inteso il sottofondo metaforico della sua
composizione lirica. Quel filo d'erba rappresenta un essere (umano ma anche a
quattro zampe) trattato come una nullità e questo non solo al fine di giungere
alla soppressione fisica, ma anche a quella morale. Annientandolo
psicologicamente.
Ricordo che la Arendt si occupò e seguì il processo di
Gerusalemme, (non ricordo tutto quel che disse a proposito di Eichmann). Mi sembra però che in un certo qual
modo difendesse l'imputato, poiché "obbligato" ad agire malamente,
dai suoi superiori. Ritengo che la coscienza dovrebbe essere buona consigliera,
e se qualcuno fosse costretto ad azioni malvagie, contrarie al suo pensiero,
dovrebbe rifiutarsi, anche a costo di sopportarne le conseguenze. Eichmann, se ben ricordo, era convinto di
aver agito per il meglio, poiché aveva obbedito agli ordini dei superiori,
quindi si riteneva non colpevole.
Chi toglie la vita, o fa del male
fisico e morale al prossimo, non merita alcuna attenuante. La vita è sacra.
Danila
Danila
Relativamente
alla Arendt, a scanso di ancora comuni fraintendimenti riguardo al suo pensiero
come espresso in quel suo famoso saggio per lungo tempo tanto
"controverso" (da anni ne possiedo personalmente una copia, finita in
qualche angolo della mia biblioteca), vorrei solo aggiungere qualche
indispensabile considerazione.
Come
si è finalmente potuto comprendere, (e possiedo anche un DVD del Caffè
Filosofico in cui, da parte di esperti filosofi come Maurizio Ferraris ed
altri, si fa luce sul vero significato che la Arendt aveva in
mente parlando della cosiddetta "banalità del male") l'autrice,
finissima filosofa lei stessa, lungi dal voler scagionare moralmente Eichmann e
gli altri criminali del Reich, desiderava dichiararsi profondamente perplessa,
anzi sbigottita, di fronte alla loro apparentemente autentica serenità
interiore nel crearsi un alibi morale per le loro azioni. Era la loro palese
capacità di autoassolversi in buona fede a disturbarla come
donna di pensiero. E ciò la induceva ad affermare che (se ben ricordo) il male
è paragonabile ad un fungo che cresce e devasta le cose in superficie, e
come tale sembra non necessitare di indagini in profondità, lo si vede
dappertutto e si tende ad accettarlo troppo facilmente come un malanno inevitabile;
mentre il bene, l'essenza del Bene, non la si capisce che attraverso una
precisa serie di domande e di risposte altrettanto ponderate, tutt'altro
che superficiali (secondo il metodo insegnato da Socrate, che notoriamente la Arendt non esitava ad additare come suo maestro privilegiato).
Questo la
portava ad ampliare il discorso fino a parlare di "terribile
normalità": la micidiale normalità di atteggiamento del cittadino comune
divenuto anch'egli incapace di pensare autenticamente, di riflettere nel senso
più elevato della parola per potersi accorgere, perlomeno di fronte a se
stesso, in quale misura ha agito o sta agendo bene o male. In altri termini,
non sono solo i criminali nazisti a crearle sgomento, ma purtroppo, secondo
lei, sono tutte le masse "irriflessive" che quotidianamente ci
circondano (e dalle quali noi stessi riusciamo difficilmente a dissociarci) a
rischiare di perdere irrimediabilmente quella intima facoltà di onesto giudizio
morale che comunemente definiamo "coscienza". Più o meno così.
Nei due
versi finali della mia lirica, io stesso lascio quindi intendere che fra queste
"masse irriflessive" ci sono anche tanti cosiddetti
"cristiani" -- i quali, pur "strappando" disinvoltamente
tanti "fili d'erba" lungo il loro cammino (e valga ancora il traslato
metaforico), si credono ciò nonostante "onestamente" religiosi, ed
escono come niente fosse "in pace e in gloria/dai santuari".
Roberto
Ha fatto bene, Roberto, questa sua tirata è da
salvare, tanto entra nel merito di certi atteggiamenti della gente. Spesse
volte ho pensato che se i nazisti, alla guida di Hitler, avessero trovato
un popolo, esercito compreso, che rifiutasse quell'eccidio di massa, il führer e i suoi adepti poco avrebbero potuto fare.
Senza andare troppo lontano nel tempo
e nello spazio, basti pensare a quanti italiani (la maggior parte) sono
disgustati dal nostro governo, e se ne lamentano, eppure nessuno muove un dito
per cacciare questi insolenti che disprezzano il proprio Paese, portandolo alla
rovina.
Forse ho inteso male il pensiero
della Arendt, consideri la mia una versione "controversa"! Tanti, infatti, hanno pensato che la
filosofa, in qualche modo, volesse difendere coloro che hanno compiuto efferati
delitti, e mi è parso strano, considerato che Hannah proveniva da una
famiglia ebrea.
Danila
Nessun commento:
Posta un commento