Ieri, 3 luglio 2017 è deceduto Paolo Villaggio, alias Fracchia e alias Fantozzi. Nell'Aldilà dove oggi si trova, divertirà gli angeli con le sue gag.
Per ricordarlo, propongo un racconto.
"Fantozzi
una mattina in ufficio si accorse che sapeva volare.
Erano circa le 11:00 e faceva un gran caldo,
aveva deciso di rimandare tutto il lavoro al pomeriggio e se ne stava lì con
una pratica "fantoccio" aperta davanti gli occhi. Stava pensando a
quello che poteva fare sua figlia a scuola: la pensò tutta impegnata in un
faticoso dettato, con le mani sporche di penna biro, la testina china sul
quaderno e un pezzetto di lingua fuori. Si sentì un po' intenerito e si butto
all'indietro sbadigliando.
Aprì le braccia e si stirò languidamente, finì
lo sbadiglio con un mugolio e lo accompagnò con un battito delle braccia, quasi
come fossero le ali di un gabbiano, e con sua grande meraviglia si sentì
sollevare dalla sedia. Rimase immobile senza crederci. Poi ci riprovò, ed ecco
che sentì come una forza misteriosa che lo faceva quasi galleggiare sopra la
scrivania. Gli cominciò a battere il cuore, si toccò il polso, ma non era
spaventato, solo molto tremendamente stupefatto. Nella stanza non c'erano i
suoi due colleghi di lavoro:
erano alla toilette a leggere la pagina
sportiva, e lui era di guardia. Sporse la testa in corridoio: nessuno. Rientrò,
si mise al centro della stanza, e questa volta agitò con forza le braccia. Si
sollevò leggermente a un metro da terra, rimanendo immobile, poi si accorse che
con una piccola sforbiciata delle gambe poteva virare lentamente. Diede un
colpetto più deciso un giro intorno al lampadario. Diminuì il battito delle
braccia e andò a sedersi dolcemente sulla scrivania di Fracchia. Respirava a
fatica. Rientrarono i suoi compagni di stanza.
La campana delle 12:30 suonò prima del solito e
Fantozzi nella pausa di colazione andò a casa. Sua moglie era dalla suocera con
la bambina. Volò dalla cucina al bagno, dal bagno alla stanza da pranzo per
quasi un'ora, alla fine si diresse velocemente verso la stanza da letto, si
fermò di colpo e si lasciò cadere a corpo morto sul tetto.
Decise di andare in ufficio volando di tetto in
tetto a piccoli balzi. Entrò dalla finestra della stanza del quinto piano.
Quando Fracchia e Filini, alle 14:30, entrarono gli chiesero: "Già qui? Ma
a che ora ha timbrato?". Si era dimenticato di timbrare il cartellino e
corse giù al quarto piano e marcò "rosso".
Cominciò allora per Fantozzi una nuova vita.
Andava in ufficio regolarmente con la sua utilitaria, timbrava e aspettava.
Aspettava le ore morte del mattino, verso le 11:00. I colleghi erano di
"riposo" e lui solo nella stanza: apriva la finestra e spiccava il
volo.
Per la prima settimana faceva piccoli svolazzi
sui tetti. Una volta arrivò addirittura alla campana della cattedrale e si
stupì molto nel vedere tutti quei nidi di rondine nella cella campanaria.
Poi prese coraggio e cominciò ad avventurarsi
sul mare, illuminato dal sole, a volo radente. Una volta si riposò sull'albero
di un grande transatlantico in rotta per chissà dove: l'Australia, l'Atlantide
forse.
Ritornava nella sua stanza verso mezzogiorno.
Aveva scoperto un passaggio dai tetti, un vecchio archivio, dove nessuno lo
avrebbe potuto vedere. Alle 12:30 timbrava e tornava a casa in macchina. Nel
pomeriggio volava sempre in collina e la cosa che lo esaltava di più era
buttarsi giù in picchiata e sfiorare le piante di menta di cui sentiva il
profumo. Una sera, tornando in ufficio quando il sole era tramontato, si sentì
molto felice.
Una volta fece tardi e rientrò direttamente
dalla finestra della sua stanza. Fracchia rimase a bocca aperta. "Ero sul
cornicione a...prendere un po' di sole" tentò Fantozzi. "Ma quale
cornicione?" domandò Fracchia, che ben sapeva che non c'era alcun
cornicione. "Ma lei sa volare!" incalzò Fracchia, e lui dovette
confessare.
La notizia rimase circoscritta al suo ufficio, e
i colleghi cominciarono a usarlo per piccoli servizi. Qualcuno lo mandava a
fare il bollo della macchina, chi a imbucare una raccomandata. Poi cominciarono
a usarlo per commissioni esterne della ditta. Era diventato per il suo ufficio
un uomo prezioso. La cosa durò un po' di tempo, poi un giorno Fracchia gli
chiese: "Ma lei perché non chiede l'indennità di volo? Ne ha diritto,
sa?".
Lui allora fece domanda scritta su apposito
modulo al capo del personale. Questi rimase stupito, e non osando assumersi
alcuna responsabilità domandò consiglio al direttore centrale che si consigliò
col Megapresidente.
Il Megapresidente volle subito sapere il nome di
questo impiegato che sapeva volare e pensando già di farne il suo segretario lo
volle mettere alla prova.
La "prova" gliela fissarono un venerdì
mattino pieno di sole. Gli avevano preparato davanti ai parcheggi delle
macchine una piccola pedana di legno di due metri, da dove si doveva buttare.
Lui era già pronto alle 8:30 con l'abito blu e una cravatta nuova verde a pallini
bianchi.
Alle 11:00 arrivarono tutti i dirigenti con il
Megapresidente e presero posto su delle sedie affittate in una chiesa vicina.
Fantozzi aveva le mani sudate e il cuore gli
batteva molto forte. Il Megapresidente fece un gesto imperioso con la mano. Lui
attese un attimo e si buttò...
Si ruppe la tibia destra.
Lo portarono all'ospedale. Il capo del personale
lo andò a trovare e gli disse che il Megapresidente era molto seccato per
quella farsa, ma che comunque, visto che aveva una figlia, non lo avrebbe
licenziato.
Tornò in ufficio appoggiandosi a un bastone e
chiese di parlare con il suo direttore. Lo pregò di domandare a Fracchia,
Filini e a tutti i colleghi che lo avevano visto volare e si erano anche
serviti di lui se lo consideravano un ciarlatano e lo pregò di assicurare al
Megapresidente che non si trattava di una montatura. Ma con suo grande stupore
seppe che tutti , interrogati in merito, avevano già giurato di non averlo mai
visto in volo, anzi seppe che qualcuno aveva fatto anche dei commenti negativi
sulla sua poca serietà professionale.
Fracchia lo consigliò di farsi vedere da uno
psichiatra. Il medico gli spiegò che il fatto era dovuto a superlavoro e gli
prescrisse delle pillole.
Passò un po' di tempo, e lui stesso cominciò a
pensare che tutto fosse frutto della sua immaginazione.
Una mattina, verso le 11:00, quando tutti erano
a "leggere", si mise al centro della stanza, agitò le braccia e si
sollevò, anche se aveva una gamba ingessata.
Tornò al suo posto sorridendo e non disse mai
più nulla a nessuno".
Paolo Villaggio
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