Giovanni
Prati: a duecento anni dalla nascita “Chi volesse spingersi in quel Trentino,
nelle Giudicarie, e attraversare la valle del Sarca, s'incontrerebbe in un
villaggio, un gruppetto di case da' coperti di paglia la maggior parte, perduto
in quelle segrete lontananze; povero, ma glorioso villaggio, che ci ricorda un
poeta, il cui nome segnerà nella storia dell'arte e del pensiero italiano
un'età trascorsa di lotte, di sacrifizî, di redenzione. Dasindo è il villaggio,
Giovanni Prati il poeta. Fu là che il rapsodo trentino si accese alle
fantastiche visioni della sua giovane musa... Ma non fu Dasindo il villaggio
che diede i natali al poeta del Sarca: egli nacque veramente a Campo maggiore,
una borgatella a un quarto d'ora da Dasindo e a non più di tre ore da Riva; in
quella valle trentina, calda, gialla, monotona, da lui definita con iperbole
filiale: Conca di freschi rivi, urna di fiori.” Nell'incipit di questo studio
biografico di Giovanni Prati, dato alle stampe da Carlo Giordano nel 1907, c'è
già, oltre la nota biografica, molto di quello che Prati è stato per una parte
dell'Ottocento: un nome da segnare nella storia dell'arte e del pensiero,
simbolo di un'età di lotte, di sacrifici e di redenzione nazionale. Lo ricorda
anche Antonio Zieger nella biografia del poeta, stampata nel 1982: “A datare
dalla primavera del 1846, la fama letteraria di Giovanni Prati s'era estesa
favorevolmente nei vari stati italiani. Egli era considerato come il migliore
rappresentante delle aspirazioni unitarie italiane, pur nella varietà delle
correnti politiche...”. “Era giovane, d'aspetto imponente e robusto; dall'ampia
fonte gli piovevano con grazia le folte chiome corvine cui, declamando i suoi
versi, egli squassava come un leone la giubba; negli occhi miopi, di colore indefinibile
e piccoli, pur correvano certi guizzi, certi lampi, certe fiamme che ti
parevano scintillio dell'elettrico, luce di cielo; la voce forte, intonata,
melodiosa, impressa di passione, aggiungeva alla declamazione, alquanto
esagerata, effetto alla sonorità del verso. Fu il sospiro del sesso gentile, fu
l'entusiasmo della gioventù” così Vittorio Bersezio, citato da Paola Maria
Filippi nel suo Canzoniere Giudicariese del 1984, descriveva il giovane Prati.
A duecento anni dalla sua nascita, quanto è rimasto di Giovanni Prati? Un po'
di conti sulla sua figura sono stati tirati nel 1984, a Comano Terme, durante
lo speciale convegno dedicato alle celebrazioni del centenario della morte del
poeta. Il convegno ha visto la partecipazione di importanti esponenti del mondo
accademico italiano che hanno presentato una serie di contributi critici sulla
presenza culturale e poetica di Prati nel secondo Ottocento e sulla storia
delle sue fortune o sfortune critiche nell'Ottocento e nel Novecento. È stata
quella l'occasione per la rifioritura di una serie di nuovi testi dedicati al
poeta di Dasindo. Cosa ne è uscito? Che Prati storicamente ha goduto di una
grande fama nella prima parte della sua vita, quella corrispondente grosso modo
alla più voluminosa, e facile, della sua produzione poetica e ad un'altrettanto
improvvisa messa in disparte nella seconda parte, corrispondente alla sua
produzione forse meno passeggera. Dopo le stroncature che subì nell'Ottocento
da pare di critici come Tenca e De Sanctis, fu il severo giudizio del Croce a
far scendere il silenzio su di lui. Il Croce parlò di temperamento poetico
povero, lo definì giornalista della poesia, parlò di faciloneria nel suo
verseggiare. Giudizi molto severi, solo in parte controbilanciati dalla fortuna
biografica, che Prati ha sempre avuto, dal suo inserimento costante nella
diverse antologie, anche se come poeta minore, dalla rivalutazione di opere
come Psiche e Iside. Cosa resta allora di lui? Oltre all'importanza storica
della sua figura e delle sue opere per capire un pezzo significativo della
storia d'Italia e della nostra cultura letteraria, rimane qualcosa anche della
sua poesia. Secondo quanto ha scritto Antonio Resta nel 1983, nel libro
dedicato a Prati, "Poesie di Aulo Rufo": "La lettura delle
raccolte pratiane... ha permesso di rintracciare un'esile vena di genuina
poesia consistente in un sommesso controcanto, in un dialogo senza finzione del
poeta con se stesso: un controcanto che attraversa come un filo rosso... più
evidente e ricco nelle ultime raccolte, Psiche e Iside". Questo per quanto
riguarda la cultura accademica. Le Giudicare esteriori però non hanno
dimenticato Giovanni Prati. Anzi! Proprio negli ultimi anni la sua figura e la
sua opera hanno iniziato ad essere presenti nella consapevolezza di molta
gente. Non è un caso infatti che quando un decennio fa circa si iniziò a
parlare di valorizzazione di questo territorio, della sua cultura, storia, ma
anche economia, tradizioni etc, il pensiero sia andato subito al poeta di
Dasindo che ne è diventato uno dei testimoni. Ci riferiamo alla nascita
dell'Ecomuseo, del Parco del poeta e dei Viaggi dell'emozione. È stato un modo
efficace per far conoscere Prati a chi (e sono la maggior parte) lo conosce
poco o solo di nome. Il Viaggio dell'emozione ad esempio dedicato ad una delle
sue opere più conosciute, la Edmenegarda, ha permesso di portare "in
scena" l'amore travagliato della sorella di Manin che al tempo suscitò un
vero e proprio scandalo e che vide il Prati impegnato, sulla scia di illustri
esempi di letterati stranieri, a raccontare in versi un ardito fatto di
cronaca. Muovendosi tra il chiostro francescano di Campo Lomaso, Castel Spine e
Villa Lutti, i partecipanti al Viaggio ebbero modo di "vedere" da
vicino i protagonisti della novella in versi e di comprendere meglio la
personalità e la poetica del Prati. Un altro Viaggio dell'emozione fu dedicato
al salotto letterario che nella seconda metà dell'Ottocento fu avviato a Villa
Lutti, ad imitazione di altri ben più conosciuti salotti, come quello milanese
di Clara Maffei. Ad animare questo di Campo Lomaso c'erano invece lo stesso
Andrea Maffei, marito di Clara, nonché i nobili De Lutti, Francesca e Vincenzo,
e lo stesso Prati. Un'occasione data ai partecipanti per entrare nella Villa,
conoscere la sala della Musica e la sala della Caccia, passeggiare nell'ampio
giardino, e intrufolarsi tra le dispute letterarie, gli screzi, ma anche gli
slanci generosi di questi intellettuali. Il più rappresentato dei Viaggi
dell'emozione fu però quello dedicato al poeta, durante il quale il Prati
presentava se stesso e ragionava amaramente sul destino storico e letterario
che lo aveva visto nello stesso secolo all'apice del successo e poi
repentinamente messo in disparte.
(ripreso dal web)
(ripreso dal web)
Giovanni Prati (1814-1884), laureato in legge a Padova si dedicò prestissimo alla poesia e alla cospirazione politica. Raggiunse la fama pubblicando, nel 1841, la novella in versi Edmenegarda, che fece scandalo. In essa narrava una storia d'adulterio che prendeva spunto da un fatto di cronaca del tempo, e che introdusse per la prima volta nella materia poetica i fatti dell'ordinaria quotidianità.
Acceso fautore della monarchia sabauda, durante i moti del '48 fu allontanato prima da Venezia e poi da Firenze. Stabilitosi in Piemonte, seguì il governo unitario prima a Firenze e poi a Roma, dove divenne senatore e direttore dell'istituto superiore di magistero. La sua opera comprende numerose raccolte di liriche, che lo collocarono tra i più fertili esponenti poetici della seconda generazione romantica. Nei suoi versi si celebrano la patria, l'amore e l'idilliaca celebrazione degli umili, adattati a un facile e melodioso manierismo che si adattava prontamente all'esperienze poetiche straniere di gran voga, come Byron, Hugo e Heine.
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