Non ho parole per quanto sta succedendo in Centro
Italia. Sappiamo che le scosse telluriche sono causate da eventi naturali, e
non possiamo impedire che la terra si scrolli di dosso le pulci. Si poteva
certo prevenire, come hanno sempre fatto in Giappone, con costruzioni
anti-sisma. Ma è anche ovvio che certe opere murarie, come chiese o palazzi
antichi, non si possono puntellare con la speranza che qualche appropriato
ritocco possa garantire e impedire il crollo delle stesse. Così come certe case
antiche, che hanno una loro storia, si vorrebbe che restassero a ricordo dei
tempi passati. Ma sono solo sogni.
Quello che invece si poteva evitare, riguarda il
crollo del cavalcavia sulla Milano-Lecco. I segni erano evidenti, e un
cantoniere aveva avvisato chi di competenza. Come minimo, avrebbero dovuto
chiuderlo al traffico anche se, dalle vistose crepe si poteva subodorare che
sarebbe potuto crollare alle prime raffiche di vento o pioggia.
Il nostro Bel Paese sta subendo colpi da ogni dove. Non ci resta che piangere, direbbe
Massimo Troisi, ma quel che invece occorre fare, è pensare seriamente a
rimettere tutto a posto, e in fretta.
Se poi penso allo sciacallaggio - opera di infami -
mi ribolle una incontenibile rabbia. Tanta gente ha perso tutto quel che le era
caro, in primis gli affetti di chi è stato sepolto dalle macerie ad agosto. E
poi ogni suppellettile che rappresentava ricordi di famiglia, valori oltre che
materiali, soprattutto sentimentali. Se
qualcosa fosse stato possibile ricuperare, è stato reso vano da azioni inqualificabili.
Come si fa a portar via quel poco che è rimasto, a chi non ha più nulla? né un
tetto sulla testa, né un abito da indossare, né un tavolo dove riunire la
famiglia a pranzo o a cena. Non vado oltre, perché potrei pronunciare insulti
irripetibili.
Una domanda sorge spontanea: ma non si potrebbe
sospendere questa cosa del SI e del NO, dedicando tempo e risorse a qualcosa di
molto più urgente? Come per esempio ricostruire le case per gli sfollati? E
aiutarli a riprendere a vivere dignitosamente? La Costituzione è rimasta
invariata per decenni, anche se aspettiamo ancora qualche anno, cambia
qualcosa?
Una bella scossa anche alla nostra coscienza di italiani, sarebbe gradita, soprattutto da parte dei politici.
Danila Oppio
Ora lascio la parola a Silvia Pegah Scaglione e a
Paola Scozzari.
TERREMOTI
Sono
cresciuta a Teheran che si trova su una faglia, forse una delle zone più
pericolose dal punto di vista sismico. Quando ero piccola, almeno una volta
ogni qualche anno, si verificava un terremoto. Ricordo con nostalgia le nottate
passate nel giardino dell'appartamento in cui abitavamo, con i vicini, il tè
caldo che preparava quella del piano terra e le storie dei più grandi che
parlavano di terremoti passati in cui la terra si apriva in due e ci cadeva
dentro una persona, due, dieci, cento, una città intera... le esagerazioni
della memoria e quelle mitizzazioni quando si raccontano le cose ai bambini e
piano piano la si spara sempre più grosse. Almeno una volta all'anno la terra
tremava, tanto. Ho sempre abitato all'ultimo piano, gli edifici alti oscillano
molto, si flettono all'inverosimile. Ricordo che dal cortile vedevamo questi
energumeni di acciaio piegarsi. La verità e che non ho paura dei terremoti, mi
procurano nostalgia, piuttosto, e forse è terribile da confessare. Come i
boati. Avevo quattro anni quando ci fu la guerra tra Iran e Iraq, era
cominciata molto prima, ma in quel momento gli iracheni erano riusciti a
colpire anche la capitale. Ricordo ancora le sirene che annunciavano i
bombardamenti e noi che correvamo nelle cantine, per lunghe ore con gente che
non conoscevo e si creava una familiarità strana, la complicità del non sapere
cosa sarebbe successo da un momento all'altro. Adoravo quelle situazioni, si
era più vicini. Sapevo anche che un giorno saremmo potuti saltare in aria,
proprio come è accaduto a una mia compagna di giochi: aveva la casa a poche
centinaia di metri dalla nostra. Casa finita nel nulla e lei non c'era più per
strada a giocare a palla prigioniera. Ma da bambini sembra tutto diverso, si sa
tutto e non si sa niente. Niente è così terribile da paralizzare nel terrore e
anche quella paura trasforma in ricordo dolce e amaro al tempo stesso.
Silvia
Pegah Scaglione
AMATRICE (ma anche a tutti gli altri luoghi colpiti
dal terremoto)
Duro
legno
bianco,
serrato
col sigillo
sgomento
del pianto.
Un
asciutto bocciolo lo adorna,
implora
una lacrima, ancora
per
quello strazio senza posa.
Mesto
rintocco: campane,
ed
abbaiar di cani,
e tremore
sotto i piedi,
sobbalzi
nell’animo.
Terra di
sughi e di sassi,
di storie
e di sogni,
di vite
spezzate nei sogni…
Quei
sogni.
Terra di
polvere e sassi,
speranze
e cordogli,
polvere…
Quanta
gelida polvere
Su tanta,
disperata,
Umanità.
Paola Scozzari (Da Vento a Tindari)
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