di Tommaso Mondelli. “Il 10 di giugno fu
annunciato alla radio l’inizio della fine: la dichiarazione di guerra alla
Francia e all’Inghilterra. da parte del governo italiano. Per una ventina di
giorni si verificarono scambi di fuoco coi francesi. I nostri spari in partenza
erano molto più silenziosi, per il fatto di non sapere verso dove esattamente
puntare. Dall’altra parte, un fischio e uno schianto, uno dietro l’altro, uno
accanto all’altro a distanza di qualche secondo. Oltralpe erano nervosi e
comprensibilmente adirati. Io, dall’alto di una collina, dove avevo un piccolo
e personale punto di osservazione, potevo vedere sulla mia sinistra, nel
fondovalle, l’opera dei barellieri intenti a scavare le fosse dove sistemavano,
trascinandoli per i piedi, i militari uccisi. I morti erano stati raggiunti dai
colpi di artiglieria provenienti dalla Francia, ovviamente. […]
La punta d’orgoglio italiano era costituita nella sua difesa estrema dal
cosiddetto Forte Chaberton, dalla cui altezza si dominava la zona antistante e
su cui erano state poste delle torrette e dei cannoni a lunga gittata. Fu messo
fuori uso allo scoccare dei primi minuti. Là i primi morti e tra questi proprio
un sergente di mia conoscenza ma di cui non ricordo il nome. Le armi usate non
erano che a diversi chilometri di distanza dall’obiettivo. Si colpiva a caso,
naturalmente, ma si colpiva. Loro rintanati nei fortini non potevano registrare
perdite: non avevano ragioni per uscire e andare a fare conquiste territoriali.
I nostri, invece, dovevano occupare del terreno per vincere e quindi
esporsi alla rappresaglia francese. Soltanto per morire, senza conquistare.
Io ero lì. Udivo il sibilo di partenza e lo schianto all’arrivo dei
proiettili sulle nostre postazioni e con la stessa incoscienza di chi assiste a
dei fuochi artificiali, senza vederne l’effetto colorato, assistevo allo
spettacolo. Coloro che cadevano e venivano seppelliti non rappresentavano altro
che la risposta a una necessità storica. Vedevo quei ragazzi andare senza un
senso preciso in tutte le direzioni e ogni tanto qualcuno cadeva senza più
rialzarsi. Il senso di paura era assente; mi venne poi il sospetto che fossero
stati drogati in precedenza con il rancio, che lo fossimo tutti… Anch’io mangiavo
lo stesso cibo. Potrebbe essere questa la condizione che crea gli eroi? No, è
l’artificio della menzogna! Quando dovevo muovermi dal mio osservatorio, lo
facevo con la spensierata naturalezza della perfetta incoscienza. Un plagio
collettivo. Una modificazione degli istinti che può renderti docile o
aggressivo, ardimentoso o vigliacco, eroe o codardo: l’uomo manipolato dalla
chimica!”
Dal libro “Settimane bianche e
crociere a costo zero – Memorie di guerra e prigionia di un ragazzo partito
soldato” di Tommaso Mondelli, L’Argolibro Editore 2013
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